31Gen

Se volessimo citare il titolo di una celebre raccolta poetica di Pavese, potremmo dire che lavorare stanca. Ma molto spesso è ancor più logorante collaborare, ovvero, considerando il termine etimologicamente, lavorare con qualcuno.

I colleghi o i superiori possono essere, per i più diversi motivi, una sfibrante fonte di stress: non è facile interagire in una squadra sul posto di lavoro, riuscire a interagire in un ambiente in cui non di rado possono sorgere conflitti di carattere sia personale che professionale.

Molte ricerche sul tema, ma direi anche il semplice buon senso, ci dicono che questi scontri, a prescindere dalla loro intensità e durata, influiscono assai negativamente sulla qualità della vita dei singoli lavoratori così come su quella del lavoro stesso.

“Evitare il conflitto? Inizia con l’ammettere che il nostro è uno dei punti di vista, non l’unico e non necessariamente quello più giusto

A volte anche con conseguenze quanto mai pericolose e dannose sulla vita della comunità (si pensi a quanto rilevato da alcuni studi in merito al sorgere e al persistere di incomprensioni e avversioni personali o abusi in ambito ospedaliero, studi che hanno documentato la correlazione fra questi e l’aumento di decessi di pazienti!)

 

Dunque, quali strategie è possibile adottare per evitare di trasformare l’ufficio in un campo di battaglia o, quanto meno, smussare l’effetto degli inevitabili attriti che possono verificarsi in ambiente lavorativo?

Anzitutto è assai utile concentrarsi su un aspetto fondamentale di approccio, valido in tutti i contesti in cui si renda necessario lavorare in gruppo, dunque prendere delle decisioni che siano il frutto, o almeno la sintesi, di differenti idee e punti di vista: ovvero che il nostro è per l’appunto uno dei punti di vista, non l’unico e non necessariamente quello più giusto.

 

Perciò, essere aperti al confronto, considerare la validità dell’apporto delle idee altrui, sia che corroborino la nostra, sia che la integrino con una visione più completa e organica, sia che la contraddicano, più o meno radicalmente.

L’importante, in un lavoro di squadra, è considerare l’obiettivo da raggiungere, tenendo presente che l’approccio alla soluzione di un problema sarà tanto più costruttivo quanto più sarà inclusivo, ovvero sensibile alle suggestioni che ognuno dei partecipanti al progetto può indicare.

 

In secondo luogo, è molto utile non farsi condizionare dai pregiudizi nei confronti di colleghi e collaboratori in genere.

Sovente, a seguito di considerazioni meno superficiali o guidate dal semplice istinto o dalle impressioni iniziali, cosiddette “a pelle”, i bias di attribuzione, ovvero la tendenza a etichettare gli altri secondo schemi appunto pregiudiziali, si riveleranno infondati, o perlomeno molto poco influenti sulla realtà contestuale dell’ambito lavorativo.

È più facile dare giudizi sommari, attribuire determinate caratteristiche di personalità a un/una collega, soprattutto quando non ne conosciamo tutti i risvolti di vita extra-professionali, piuttosto che cercare di capire se un determinato comportamento, per quanto reiterato, sia frutto semplicemente di una situazione che prescinde dagli schemi in cui lo/la abbiamo voluto inquadrare.

Il pericolo ulteriore è quello di cercare conferme al pregiudizio iniziale in ogni suo singolo atteggiamento, tendendo a mettere in evidenza più quelli che ce ne offrono una presunta riprova piuttosto che quelli che potrebbero invece confutarne la reale fondatezza.

 

È utile in tali casi interrogarsi su quanto determinate schematizzazioni culturali o ambientali ci condizionino istintivamente nel rapporto con gli altri, cercando di superare queste che sono vere e proprie barriere mentali, valutando gli individui con i quali la vita e le esperienze lavorative ci mettono a confronto, appunto caso per caso, situazione per situazione.

 

In eventuali conflitti, soprattutto in ambito professionale e di lavoro, è quanto mai nocivo, per noi e per gli altri, considerare il disaccordo come un vero e proprio scontro bellico, un io contro tutti, o un io contro l’altro

Per risolvere le dinamiche conflittuali è necessario superare la visione ostinatamente antagonista e cercare di impegnarsi a trovare il punto di equilibrio fra visioni lontane o del tutto opposte, trovando il giusto compromesso.

 

A volte può risultare confortante trovare in altri colleghi conferme alle nostre impressioni negative su uno o più compagni di lavoro con cui si sono create divergenze o tensioni.

Parlarne con gli altri può essere liberatorio, oltre che comportare quel comprensibile sollievo che ci dà la sensazione di non essere i soli ad avere una determinata idea su qualcuno, soprattutto quando questa non è positiva.

Ma bisogna fare attenzione, perché il pettegolezzo può ingenerare un ulteriore inasprimento del dissidio: dipende molto dalla persona cui affidiamo le nostre confidenze.

Se da un lato il gossip d’ufficio può creare alleanze, o addirittura rivelarsi una forma di dissuasione nei confronti dei colleghi più ostili e difficili al reiterare certi comportamenti, una volta che costoro siano consapevoli delle voci che girano sul loro conto, altrettanto i pettegolezzi, le dicerie, rischiano di alimentare un deleterio inasprimento delle relazioni interpersonali che, come si diceva all’inizio, può in definitiva arrecare un danno che va ben al di là delle personali scaramucce fra colleghi.

 

Ad ogni modo, non bisogna mai arrendersi di fronte alle difficoltà di rapporto con chi condivide con noi la stanza, la scrivania, l’ufficio: come in tutte le dinamiche umane, fermarsi alla prima impressione, radicarsi nell’idea che tanto non cambierà mai niente, è l’anticamera per il fallimento, che sia umano o professionale.

Nella vita è fondamentale non perdere la curiosità, verso le cose e verso gli altri, restare in ascolto, sperimentare soluzioni ai problemi.

Certo, non sempre si giungerà a centrare l’obiettivo: quando, pur avendole tentate tutte, ci si dovesse rendere conto che un determinato conflitto interpersonale è davvero irrisolvibile, che pur avendo attinto a tutte le possibili risorse creative un certo disaccordo non ha trovato una ragionevole composizione, si avrà comunque la certezza di averci provato, di aver cercato di non restare imprigionati in opprimenti schemi, di aver utilizzato tutti i mezzi a nostra disposizione per superare quei confini e quelle barriere mentali che sovente ci impediscono di esplorare territori che non pensavamo nemmeno esistessero.             

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